Caccia nel sassoferratese e nell’appenino umbro-marchigiano
|Quando la redazione di Sassoferrato.tv, settimane fa, mi propose di occuparmi e curare la Rubrica sulla Caccia nell’ambito della programmazione di Sassoferrato TV non nego di aver provato, da subito, quell’entusiasmo giovanile che da sempre accompagna questa ancestrale passione, ma al contempo un pò di impaccio per dover affrontare nelle prossime stagioni un tema così delicato e controverso. Curare tale Rubrica venatoria nel XXI secolo può sembrare di primo acchito anacronistico, quanto meno démodé, ma se si approfondiscono le valutazioni e si focalizzano le relazioni che innegabilmente esistono con numerosi altri aspetti della vita sociale, scientifica, tecnico-industriale e quindi culturale dell’Uomo, allora si comprenderà con facilità il perché di così tante opinioni e convincimenti, molto spesso antagoniste ed accompagnate da grande animosità. La Caccia nasce con l’Uomo e, da attività quale mezzo di procacciamento di necessità primarie quali cibo, pelli ecc., si è conservata fino ai nostri giorni come istinto di retaggio antropologico, alfine si è rivelata, seppur contraddistinta comunque da un fondamento ludico, nella funzione di gestione e controllo di specie animali in particolare e dell’ambiente più in generale. L’esempio ben noto per Noi Sassoferratesi della specie cinghiale ed altri numerosi ungulati che pascolano tranquilli fin negli orti, o addirittura a pochi passi dall’uscio delle nostre abitazioni, credo sia sufficientemente esplicativo. Se è vero che dall’ultimo periodo di alcuni decenni della Storia dell’Uomo (infinitesimo se raffrontato alla sua lunghissima storia) e, soprattutto, in proiezione futura la Caccia ha ragion d’esistere soltanto se legittimata e regolamentata da solidi – purché liberi da preconcetti….anticaccia a priori! – principi di natura ecologico-scientifici che contemplino ovviamente anche esigenze agro-alimentari, è parimenti innegabile che la Caccia nel corso dell’Evoluzione dell’Umanità ha assunto in molti casi un ruolo di ispirazione e quindi di espressione artistica (innumerevoli sarebbero gli esempi di opere ed autori), sociale, economica, antropologica e religiosa (a partire dai riti tribali propiziatori), architettonica, naturalistica e perciò anche scientifica come attività di gestione dell’Ambiente. A questo punto, per quanto sopra, ben chiari ed interessanti appariranno tutti quei collegamenti con le più svariate discipline che spaziano dall’ecologia alla biologia, dall’ornitologia alle tecniche di allevamento ed ambientamento selvaggina, dalla cinologia alla cinofilia e cinotecnia, dalle armi e mezzi e strumenti di caccia alla balistica, dalla legislazione venatoria alla veterinaria, quindi enogastronomia, accessoristica ed abbigliamento tecnico, letteratura venatoria e stampa di settore, turismo alternativo tramite strutture agro-turistico-venatorie ecc. La materia risulta quindi inevitabilmente complessa con prese di posizioni spesso davvero radicali. Due sono i sentimenti che potrebbero caratterizzare le estreme quanto contrapposte posizioni “culturali” agli occhi di chi si avvicinasse, anche per mèra curiosità, al tanto dibattuto argomento : da una parte un profondo sentimento di “nostalgia per il tempo che fu”, tipico questo dei più romantici seguaci di Diana ammaliati perennemente da riti e stili di vita di un passato certamente molto più a misura d’uomo e vicino alla Natura di quanto non lo sia questo nostro funesto presente, dall’altra parte una vera e propria repulsione e condanna senza appello per tale pratica ed attività dell’Uomo che, per quanto regolamentata rigorosamente, prevede comunque un atto innegabilmente cruento nella sua complessa rappresentazione sul palcoscenico dell’Ambiente. Il nostro compito non sarà quello di assolvere o condannare la Caccia, ma sarà bensì quello di descrivere ed anche raccontare le varie Forme di Caccia ritenute più classiche e diffuse nel nostro Appennino. Perciò l’apertura al dialogo ed anche al dibattito è assolutamente garantita sia sulle tematiche Caccia si/Caccia no sia sulla conoscenza, analisi e considerazioni in merito alle suddette Forme di Caccia; quindi graditissimi saranno i Vostri contributi ed interventi, anche legittimamente critici. Vista la stagione autunnale inoltrata e l’imminente arrivo nei nostri boschi di quota e di collina della pregiatissima “Regina”, ossia la Beccaccia (scolopax rusticola), con la prossima puntata entreremo nel vivo tecnico-pratico dell’attività venatoria, badando di non tralasciare mai quei graditi riferimenti enogastronomici e/o tradizionali e quindi di cultura rurale e popolare. Inizia così l’Autunno, quella che, per tutti i seguaci di S. Uberto patrono dei Cacciatori, può essere definita la Bella Stagione! A proposito di S. Uberto, nelle nostre contrade sono in molti a chiamarlo simpaticamente ma erroneamente Sant’Umberto! La Stagione Venatoria inizia in Settembre con gli “estatini” quaglie e tortore, poi prosegue alla ricerca dei rari fagiani e qualche lepre, un tempo appartenenti alla cosiddetta “nobile stanziale”. Arriva Ottobre con i suoi colori caldi e tenui che è foriero per noi cacciatori umbro-marchigiani delle mitiche “palombe” (nome dialettale del Colombaccio) e di tordi, poi allodole e qualche raro ma ambitissimo beccaccino. In questo mese molti appassionati sono anche attratti dalla piacevole ricerca dei gustosissimi funghi e dei prelibatissimi tartufi, perciò, nella presente Rubrica, tratteremo anche di tali interessanti attività. Quindi Novembre nei boschi alla ricerca di fatate “Regine” (beccaccia) o irsuti cinghiali se si è aderito a Squadre e Gruppi di amici ben organizzati. Alfine Dicembre ed il gelido Gennaio trascorsi insidiando i bellissimi “marinacci” (altro nome dialettale della Cesena) e, se le condizioni climatiche sono favorevoli, qualche uccello acquatico lungo i corsi d’acqua. Quanto sopra potrebbe rappresentare la sintetica rassegna delle Cacce tradizionali praticate nelle vallate, sulle colline e sui monti del Sassoferratese e sull’Appennino umbro-marchigiano; tra i selvatici consentiti ed oggetto di caccia abbiamo volutamente omesso starne e coturnici, ma questi costituiscono un capitolo speciale e per tal motivo ne parleremo molto in futuro…. Per adesso buon divertimento tra monti e colline!
Franco Pesciarelli
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L’uomo si protegge da solo con la propria violenza, tra difendere un uomo e un animale selvatico scelgo sempre il più debole. Non bisogna essere gretti ed avari citando tasse e investimenti eccessivi poichè l’attività ambientale ha un costo che va sostenuto. Va ricordato che l’animale selvatico ha paura dell’uomo ed è una favola la sua pericolosità naturale. favola utile per chi si vuole togliere l’incomodo. L’agricoltore coltiva il campo, ma spesso è anche cacciatore quindi gli serve il cinghiale, che a sua volta mette in pericolo l’orto e il prato, quindi ha bisogno dell’animale ma alle sue condizioni. Troppe pretese per i miei gusti.
Rivisitando la presente rubrica, seppur siano trascorsi ormai più di 2 anni, ritengo doveroso rispondere al fervente, anonimo animalista ed ambientalista “franz”. Espongo ancora la mia opinione.
La Natura (in particolare il Regno Animale), con i suoi cicli finalizzati potremmo dire prevalentemente alla interazione/sopravvivenza di un individuo/gruppo/specie ecc. in perenne competizione con altro individuo/gruppo ecc., Uomo compreso – sia chiaro! -, credo che invece manifesti, in ogni istante, violenza pura, che potremmo definire “necessaria”, questo si. Tra esseri umani la definiremmo violenza “legittima (per difesa)”. Ma sempre di violenza fisica trattasi e perciò la realtà, in Natura, è molto, molto, molto distante dalla visione disneyana che ci propinano le più sciocche associazioni ambientaliste/animaliste! Questo intendevo esprimere quando ho scritto nel mio precedente commento: .
Ritengo opportuno sottolineare che ho scritto : “qualche volta SI sbranano pure….!” e non “qualche volta CI sbranano pure….!” : perciò, almeno alle nostre latitudini, anche per il sottoscritto, costretto in questo caso a riaffermar ovvietà per incomprensione del/con l’interlocutore, le “fiere” non risultano di pericolo mortale per gli esseri umani. Che abbiano timore, in genere, dell’uomo, ormai è chiaramente di pubblico dominio, ci mancherebbe altro.
Ma, bisogna pur dire ad onor del vero, che potrebbero essere involontariamente/indirettamente anche di pericolo mortale, ad es. in quanto causa di incidenti stradali, oppure causa di grande paura con conseguente caduta in dirupo et similia, solo per citare le primissime che vengono in mente.
Bisogna anche aggiungere che la cosa è ben diversa, ad esempio, alle latitudini tropicali, ove la competizione può, invece, di certo, risultare spessissimo sbilanciata, anche con esiti letali per l’uomo, a favore delle cosiddette “fiere”. Ma la specie umana, “per grazia divina” (dal punto di vista di coloro che confidano nel “soprannaturale”), oppure “per meriti sul campo” (dal punto di vista di coloro che credono nella “spietata selezione naturale di tutte le specie, quella umana compresa!”), oppure infine semplicemente per il cosiddetto “caso”, ha dalla sua l’enorme vantaggio di un superiore intelletto, e questo fatto la pone inesorabilmente ed inconfutabilmente al “centro del pianeta Terra”, volente o nolente.
In virtù di tutto quanto sopra l’Uomo ha il diritto/dovere di “difendersi” e “comandare”, anche ricorrendo – extrema ratio – alla “violenza”, PURCHÈ, SEMPRE, “CUM GRANO SALIS” onde non infrangere quell’equilibrio vitale, per il Pianeta, per le altre specie e, ci sia almeno consentito, anche per il bene della nostra stessa specie.
Chi vuol far credere invece in insipide “favolette” sono ben altre Associazioni che, credendo “nell’anello al naso” ancora portato dall’opinione pubblica, tentano di far proseliti parlandoci, con inganno, di una Natura sempre e comunque benigna, ed aliena da violenza e pericoli! Queste si che son favole!
Riguardo all’esser “gretti ed avari” nei confronti dell’importantissimo (….e necessario!) sostenimento delle attività “attività ambientali”, corre però l’obbligo di sottolineare che queste siano innanzitutto realmente necessarie per l’ambiente, magari anche efficienti nell’ottica di un conto economico, valutate e misurate nei risultati, e non create così tanto per generare posti di lavoro di fatto inutili, ovverosia clientelismo e spreco di denaro pubblico! La qual cosa, come facilmente si può evincere dalla cronaca sterminata degli ultimi decenni, è accaduta frequentissimamente!
Infine, le “pretese” di un agricoltore che onestamente coltiva il campo, l’orto, il prato ecc. (e magari paga anche qualcosina di tasse che forse sostengono anche le sopracitate “attività ambientali”….!) non sono per niente esagerate quando, per il fatto stesso di appartenere alla specie umana – indi per volontà di Dio, del caso o oggettivi meriti della propria Specie nel corso delle Ere, si scelga quel che si preferisce, ma così stanno le cose! -, crede di avere il pieno diritto/dovere di “difendersi” e “comandare” (SEMPRE CUM GRANO SALIS!) la presenza più o meno numerosa di questi benedetti cinghiali sui propri campi. In pratica gestendoli/limitandoli alle, per lui e la sua famiglia e comunità, ed alla fine anche per il bene stesso della specie cinghiale), più confacenti “condizioni”. Sia che lo faccia in veste di semplice Agricoltore, oppure di semplice Cacciatore (anche costui paga fior di tasse, che sostengono magari certune “attività ambientali”, sia ben chiaro….!), o infine nella duplice veste di Agricoltore/Cacciatore.
E’ solo questione di una diversa visione dell’Uomo e del Pianeta Terra.
Cordialissimi saluti.
l’intolleranza verso gli animali selvatici sta arrivando a vette elevate, in tutta la regione. C’è chi vuole sterminare i cinghiali del conero e forse qualche lupo arrivato là. Qualche bracconiere o agricoltore allevatore impaurito dissemina lacci ovunque. Molti denunciano assalti al gregge, devastazione dei pascoli, furti negli orti, stragi di animali da cortile. Altri si lagnano dell’attraversamento inconsulto delle strade, ma di regola non riescono a levare il piede pesante dall’acceleratore. Intanto, l’animale fa il suo mestiere: cerca da mangiare. Un po’ come se si venisse freddati mentre rovistiamo tra gli scaffali del supermercato. Buona parte della ricchezza della regione sta nella natura e nella fauna. Qualche individuo vorrebbe vivere in un deserto purchè sollevato dal rischio di venire privato di qualche pecora, gallina o metro quadrato di terreno. Assicuriamo il gregge, le galline, i terreni contro i danni, forse necessari se si vuole contare su un ambiente naturale sano.
Se il “qualche pecora, gallina o metro quadrato di terreno” costituissero il sostentamento per la propria Famiglia (di questi tempi poi….), allora giustificheremmo coloro che chiedono maggiori tutele per i loro “mezzi di sostentamento”!
La natura e la fauna sono importanti, ma lo sono parimenti (e forse più), sia chiaro, l’agricoltura, l’artigianato, il commercio, l’industria ecc. Dai proventi delle tasse di questi settori si possono avere risorse da destinare all’ambiente, l’importante è trovare il giusto equilibrio tra le varie istanze. Non dimentichiamoci però dell’Uomo in quanto tale su questo Pianeta, ci dovrà pur essere un pochino di spazio anche per lui e le sue attività tra tanti “bambi”, “lupacchiotti” ed “orsacchiotti” che si rincorrono giocondi (qualche volta si sbranano pure….!) tra ruscelli e boschetti!
Per altre ed ulteriori assicurazioni questo proprio no! Siamo già abbastanza oberati di oneri, tasse, polizze….Esistono i legali ed avallati scientificamente metodi di contenimento di specie in eccesso numerico rispetto alle risorse disponibili.
a quanto io ne sappia, la coturnice è un uccello in via di estinzione, almeno in Italia. Quindi direi di finirla con la caccia. La presenza e la compagnia di tante varietà di animali selvatici resta una delle ragioni più forti per cui è bello frequentare boschi e sentieri delle Marche.
Salvaguarda le specie animali ed evita di cacciare.
Condividiamo l’amore per la Coturnice ed i suoi ambienti sin dall’adolescenza, nelle Marche in particolare, dato che è la Nostra Regione. La Coturnice non è specie annoverata tra quelle in via di estinzione, altrimenti le rigorosissime leggi e norme che regolano l’attività venatoria in Italia ed in Comunità Europea ne vieterebbero la Caccia. I grossi problemi della rarefazione della Coturnice risiedono nella forte diminuzione qualitativa e quantitativa degli habitat, tuttavia ancora molto estesi. Abbandono dell’agricoltura e pastorizia in montagna (questi assolutamente vitali per la specie), disidratazione di suolo e falde, disturbi turistici ed escurzionistici di ogni genere ed in ogni stagione dell’anno, predatori/rapaci in forte aumento, cinghiali (predatori onnivori di uova e nidiate) ormai presenti anche in quota e si potrebbe aggiungere molto altro.
In sintesi : ove gli habitat sono integri (ad esempio nelle Montagne dei Balcani) la Caccia è un fattore di selezione benefico per la specie.
mi piace anche per l’utilizzo di alcuni termini dialettali del posto per descrivere alcuni selvatici (nuovo per me “marinacci”)
Ciao Fiore! E’ un pò che non ci si “incrocia” su Facebook, comunque un abbraccio ed un saluto.
Vengo ai “marinacci” : come avrai certamente intuito, nelle nostre contrade chiamiamo così le Cesene poiché, di solito, arrivano con i venti davvero gelidi del N-E che rispetto ai nostri siti spirano dal mare Adriatico, quindi dalla marina.
Ancora un cacciatoresco saluto Fiore!