Pane di zolfo, crescia e foje
|Semplice ma per niente frugale, la “guluppa” dei minatori di zolfo di Cabernardi. Ovvero il famoso pasto senza il quale non si scendeva sotto terra. C’era l’acetello, l’acqua con aggiunta di aceto, che dissetava e disinfettava pure; la panzanella, espressione massima del recupero degli avanzi fatta di pane secco bagnato d’acqua-aceto, con un po’ d’olio, aglio e pomodoro; e poi la “fila” il pane dove al posto della mollica c’era una frittata d’estate con le “foje” o erbe di campo, e d’inverno, con verdure e patate” . Chi stava però “sopra” poteva mangiare caldo. Era il cartoccio del minatore, ovvero pane farcito di “foje” e salsiccia che avvolto nella carta era immerso negli stampi pieni di zolfo liquido in partenza per i forni. I famosi “pani di zolfo” che una volta cotti il minatore spezzava per recuperare il proprio pasto. “Quando ci ricordavamo in quale pane l’avevamo messo – afferma Maria dell’Acqua, 92 anni compiuti. “E poi, c’era anche la crescia – racconta chi cura la cucina del Palio della Miniera. “Basta un po’ di farina, acqua, lievito e strutto” però sulle dose tutti tacciono perché le ricette appartengono alla storia che non sempre del tutto è opportuno svelare”.
Véronique Angeletti
Per approfondire …
“Anche la tradizione della “filetta” marchigiana è stata uno dei segni evidenti dell’integrazione dei cabernardesi a Ferrara che quasi subito si trovava dal panettiere accanto alla “coppia” ferrarese. Merito di una signora di nome Barbara che insegnò come fare senza sale la filetta del paese della miniera di Cabernardi”
Fonte – Cristalli nella nebbia, Minatori a zolfo dalle Marche a Ferrara” – Comunità Marchigiana di Pontelagoscuro – Comitato “Cristalli della nebbia” , Comune di Ferrara, Assessorato alle Istituzioni Culturali, Servizi di documentazione storica, Centro Etnografico Ferrarese , effegi Studio sas di Fraternale Mario e C, 1996
“… Ci dicevano magnabietul, perché i primi arrivati andavano in campagna, abituati alla verdura, han visto queste bietole, sono andati là con un coltello, e si pensa che i proprietari abbiano reclamato alla Direzione della Montecatini, che poi ha provveduto al pagamento per risarcire il danno di queste bietole tagliate…”
Fonte : http://storicamente.org/verdini
Lilith Verdini, “Migrazioni fra luoghi e culture. Le miniere di Cabernardi, il Limburgo belga e Pontelagoscuro negli anni ’50“.