Ma un paese vuoto, perso nella montagna, cosa offre veramente ai rifugiati ?
|Genga –Serrabernacchia, dodici case, un balcone a metà strada verso il monte Pian del Varco che offre una veduta spettacolare della Gola di Frasassi e dal parco regionale. Un paesaggio sconfinato ed incontaminato, unico vero asset della frazione e delle sue due attività turistiche, un B&B e una casa vacanza se si esclude la chiesa del Cinquecento con l’intonaco di cemento che si apre solo il giorno della festa del 13 maggio.
Tutto l’anno, ci vivono in sette che diventano dodici se si sommano i cinque che vengono nelle seconde case. Gente consapevole che l’isolamento è il prezzo della tranquillità. Una calma frantumata la notte del 29 maggio, quando sono arrivati – senza che nessun avvertisse sindaco ed abitanti – ventidue rifugiati. Ridotti a sedici tre giorni dopo, tolti i sei che da subito si sono dati alla macchia.
“Lungi da noi contestare la scelta dei proprietari della Casa Vacanza – spiega Giuliana – ma “Incontri per la Democrazia”, l’associazione pesarese che gestisce i rifugiati doveva intuire che inserire una così grande comunità in un paese dove la gente si conta sulle dita delle due mani avrebbe condizionato negativamente il quotidiano delle nostre famiglie.”
Affiancati dall’ amministrazione comunale, quelli che vivono a Serrabernacchia reagiscono ed ottengono – a voce – la garanzia che il numero dei rifugiati sarà ridotto e che al posto di giovani uomini arriveranno donne con bambini.
E dopo un primo sopralluogo della Prefettura, il 15 giugno, le richieste sono in parte accolte. Gli uomini sono trasferiti ed arrivano otto donne, due ragazze incinte e dodici bambini. Il più piccolo ha quasi cinque mesi ed il più grande dieci anni. Il numero delle persone però s’incrementa. Ad inizio luglio arrivano due famiglie, con anche il fratello di una delle donne. La casa diventa troppo piccola. L’associazione ne affitta un’altra dove sembra ci sia un problema di acqua calda.
“La situazione potrebbe essere temporanea” specifica la responsabile dell’assocaizone Cristina Cecchini. Ex amministratrice, è stata assessore alle politiche del lavoro e alla promozione della cooperazione dal 2000 al 2002, è stata eletta in regione per tre mandati dal 1990 al 2005 nella circoscrizione di Pesaro. Iscritta prima nel gruppo politico del PCI poi del PCI-PDS infine a quello di Rifondazione Comunista e poi al gruppo misto. E anticipa che stanno studiando altre soluzioni per le due famiglie.
Intanto il gruppo che è stato insediato a Serrabernacchia è una vera e propria comunità che brulica di vita, chiassosa e litigiosa. Frizioni sicuramente acutizzate dalla delusione e dallo sconforto di sentirsi confinati in una località persa tra i monti, ignorata dal trasporto pubblico e guidata da un operatore che il fine settimana non è nemmeno motorizzato.
Poi, c’è un andirivieni che lascia perplesso il Comune. Gente spostata dall’associazione da una struttura all’altra senza che vigili e sindaco siano al corrente del numero esatto degli ospiti della Casa Vacanza. Il che fa parte della prassi. Esiste un rapporto esclusivo tra Prefettura e chi gestisce i rifugiati che non prevede d’informare necessariamente il comune. A tal proposito va ricordato che, a fine maggio, quando le cooperative hanno inserito nuove comunità di rifugiati nell’entroterra, i sindaci Giancarlo Sagramola di Fabriano, Giuseppe Medardoni di Genga, Alessandro Piccini di Cantiano lo hanno saputo poche ore prima del trasferimento dei rifugiati. Mentre addirittura il sindaco di Sassoferrato Ugo Pesciarelli, per un disguido, non è stato mai avvertito.
“Le frazioni come Serrabernacchia e tante altre del nostro entroterra montano – contesta il sindaco Giuseppe Medardoni – non sono adatte a questo tipo di accoglienza. La frazione è isolata, non ha strutture di servizi essenziali, la sproporzione tra il numero dei residenti e quello dei rifugiati è assurda. A Genga paese – conclude – vive una comunità con otto rifugiati ma hanno a disposizione navette pubbliche che le collegano anche alla stazione. Non capisco chi trae vantaggi di questa soluzione. Non i rifugiati. E sembra che trovare una location – e poco importa dov’è – sia l’unico fine di chi le gestisce.”
“Troppe volte – racconta Sonia – siamo stati spaventati solo sentendo l’inasprirsi delle loro discussioni e costretti, pure in piena notte, a chiamare i carabinieri.”. Un modo velato per far capire che queste settimane non si tratta solo d’incomodo ma serpeggia l’ ansia.
“Non so quale sarà il mio futuro”, commenta Sandro che vive a Fabriano. Per la prima volta non lavorerà per migliorare la sua casa di Serrabernarcchia. “Prima risparmiavo per ricavare un angolo di paradiso quando sarei stato in pensione. Oggi mi pare che sto buttando soldi!”
“Temo per la mia attività” aggiunge, schietto, Angelo, il titolare del prestigioso rustico B&B La Colombaia. Tre camere con piscina ottimamente posizionato nella nicchia del cicloturismo che, venerdì, ha conquistato il certificato di eccellenza Tripadvisor. “La nostra reputazione – ricorda – si basa sul passaparola virtuale. Una sola recensione aversa e crolla il rating che influenza a lungo termine le prenotazioni.”
“Non si tratta di non volere i rifugiati, ma il nostro paese non è adatto” – ripetono ognuno a modo loro. Per Giuliana, è una questione di numeri; per Sonia, di scuola; per Sandro ed Angelo di servizi sul posto socio sanitari. Però tutti concordano che è imbarazzante e molto antipatico essere dei taxi, soprattutto se lo si fa più per necessità che per virtù.
E mentre dodici rintocchi di campane risvegliano il paesaggio, sull’ assolata, ripida e lunga strada che porta da Sassoferrato a Serrabernacchia di Genga, due uomini di colore stanno salendo. Sulla testa, in equilibrio perfetto, la busta della spesa, e nelle gambe l’energia necessaria a percorre oltre sette chilometri.
Véronique Angeletti@civetta.tv
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