Ceriscioli sceglie Cabernardi e Bellisio Sofare per commemorare i 60 anni di Marcinelle
|Anche in questo 8 agosto, a distanza di 60 anni, la Campana di Marcinelle suonerà 262 rintocchi, uno per ogni morto nell’incendio del Bois du Caziers. Tredici di quei rintocchi saranno per le vittime delle Marche, regione che ha pagato un tributo elevato in questa tragedia, la terza ( dopo l’Abruzzo con 60 vittime e la Puglia 22). Tredici minatori – il più anziano aveva 49 anni e il più giovane 26- che morirono insieme ad altri 136 italiani in quella mattina d’estate del 1956 in Belgio. Scesero fino a 1035 metri nel pozzo di Bois du Cazier per non rivedere mai più la luce, se non quella delle fiamme che bruciarono per molte ore la miniera di carbone. Un evento oltremodo doloroso, che sconvolse il mondo per molte settimane e che portò all’attenzione dell’opinione pubblica anche le disumane condizioni in cui lavoravano e vivevano i nostri minatori emigrati: quasi schiavi, deportati in carri bestiame, considerati alla stregua dei cavalli impiegati per trasportare il carbone e che lasciarono anche 406 orfani. Quella Campana, voluta dai Maestri del Lavoro, collocata dal 2002 sta ad ammonire che non accadano più simili tragedie .
luoghi simbolo: al Parco minerario di Cabernardi nel comune di Sassoferrato, nel sito di quella che era la più grande miniera di zolfo d’Europa e a Bellisio Solfare, vicino Pergola, sede della raffineria di zolfo dove verranno posizionate delle lapidi a ricordo delle vittime.
“Dopo 60 anni è ancora vivo il ricordo per i marchigiani della tragedia di Marcinelle – afferma il presidente della Regione, Luca Ceriscioli– Ci rammenta che gli italiani, i marchigiani sono stati un popolo di migranti, ci insegna il valore del lavoro e della sicurezza sul lavoro. Temi che ancora oggi sono di grande attualità e di riflessione. Questa giornata, dunque, significa non solo celebrare il ricordo delle vittime ma anche dare ai giovani la possibilità di riflettere sulla cultura del lavoro e delle condizioni di vita e di sicurezza nei luoghi di lavoro, quest’ultima ancora una piaga della nostra società. Significa trasmettere alle giovani generazioni i valori dell’integrazione sociale e dell’accoglienza, della dignità della vita e l’applicazione dei diritti. Ci insegna quanto sia importante la vita e il rispetto dei diritti che la tutelano e che questi sono tali solo se si garantiscono a tutti“
“ La manifestazione commemorativa che abbiamo ideato insieme alla Regione e in collaborazione con i Comuni di Sassoferrato e Pergola – spiega Iridio Mazzucchelli, console regionale dei Maestri del Lavoro – sarà l’occasione per rinnovare l’impegno della gente marchigiana a favore dell’immigrazione, memore delle vicissitudini di tanti marchigiani emigrati in tutto il mondo e una riflessione sul ruolo delle Istituzioni a garanzia della sicurezza sul lavoro.”
Già da settembre saranno coinvolte le scuole marchigiane proponendo una serie di dibattiti e proiezione di filmati e documentari sull’emigrazione storica e moderna in modo da sollecitare riflessioni e iniziative da riportare nella giornata del 1 ottobre alla quale parteciperanno anche alcuni familiari delle vittime e circa 200 Maestri del Lavoro provenienti da tutta la Regione.
“Morire di lavoro. Miniere, strade, impalcature, campi, naufragi. Morire lontano da casa, senza il conforto di uno sguardo caro, di una voce d’affetto– ricorda Fausto Spegni, Maestro del Lavoro e coordinatore della Commissione Scuola- Lavoro- La storia degli italiani è anche questa, come quella di tanti altri popoli e tante persone. Architetti sublimi e muratori precisi, instancabili e coraggiosi. Genialità e sudore, speranza e disperazione. Tantissimi zii d’America, come si diceva per indicare coloro che avevano fatto fortuna. E tantissime persone che semplicemente erano riuscite a sopravvivere. Tanti non ce l’avevano fatta. Le storie di questi italiani sono storie dentro quella delle famiglie di noi tutti. A volte, la memoria si è perduta, cancellata perché ritenuta scomoda. Ma il ricordo di alcuni è ancora forte, anche se la loro storia è di tragedia. Fame è una parola che oggi si applica agli altri, ai non italiani. Ma fame era quella che fece fare un patto che oggi ci appare inumano: uomini in cambio di carbone. E sessanta anni fa, in cambio di carbone, andarono nelle miniere belghe molti giovani italiani. Braccia. Ma erano uomini. La Repubblica li ha voluti onorare con il titolo di Maestri del lavoro. Post mortem. Un titolo giusto, ma che non avremmo mai voluto fosse applicato per fatti come questi. Fatti che continuano, con altre voci, altre lingue, altri volti. Per questo, per onorare e perpetuare la memoria di tanti migranti, a partire dagli italiani, spesso compaesani, i Maestri del Lavoro italiani e in particolare quelli della Marche, raccontano nelle scuole persone, fatti, dati delle migrazioni. Da anni, ormai. E i giovani italiani scoprono nel loro compagno di scuola, dal nome diverso, un loro fratello. Tutti scoprono il senso del lavoro, della dignità di cui parla la Costituzione, della sicurezza sul lavoro, che è un diritto senza eccezioni e non una eventuale concessione. “
La scelta di mettere in evidenza l’incontro tra la presidente della camera Laura Boldrini e Maria Dell’Acqua il giorno dell’inaugurazione del Parco Archeominerario dello Zolfo di Cabernardi, il 5 luglio 2015 non è un caso. Maria è una dei lavoratrice della miniera e con il marito era a Charleroi i giorni della tragedia.
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