La lunga storia dei “nostri” terremoti

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Foto da www.meteoweb.eu/

La sismologia è una scienza relativamente recente ma i terremoti sono vecchi quanto la Terra. Le fonti antiche riferiscono notizie di terremoti, anche molto intensi e dagli esiti devastanti, attribuendone le cause alla collera degli dei, i quali di conseguenza dovevano essere placati con riti sacri e sacrifici espiatori, oppure interpretandoli come messaggi profetici inviati dalle divinità in funzione di monito. I Romani avevano anche un singolare strumento di rilevazione delle scosse: le vibrazioni prodotte dalle “lance di Marte”, armi considerate come una reliquia del dio della guerra – mitico avo di Romolo – e in quanto tali venerate, erano infatti ritenute sintomo di una imminente scossa tellurica, come ci informano Tito Livio (I sec. a.C. – I sec. d.C.), Aulo Gellio (II sec. d.C.) e Giulio Ossequente (IV sec. d.C.). Uno dei più tremendi terremoti dell’antichità avvenne nel 217 a.C., durante la II guerra punica, mentre era in corso la battaglia del Trasimeno in cui il comandante cartaginese Annibale sconfisse l’esercito romano, ma il rumore della battaglia pare fosse così forte che i combattenti non si resero nemmeno conto del sisma, che tuttavia distrusse molti edifici in varie città del centro Italia. Tito Livio scrive: “e talmente grande fu la foga degli animi, la loro determinazione fino a tal punto protesa allo scontro che nessuno dei combattenti si accorse di quel terremoto che rase al suolo molte parti di numerose città d’Italia, deviò dal proprio corso impetuosi fiumi, fece penetrare il mare nei fiumi, squarciò i monti in enormi voragini che fece precipitare con imponenti frane”. Proprio il centro Italia, e in particolare l’Appennino umbro-marchigiano, nel corso del tempo sembra essere stato uno dei luoghi più colpiti dagli eventi tellurici. Nel 100 a.C. si verificò un terremoto nel Piceno, nel 99 a.C. a Norcia “il tempio sacro fu distrutto da un terremoto” e nel 63 a.C. “un terremoto scosse tutta Spoleto e vi furono alcuni crolli” – come riferisce Giulio Ossequente -, mentre nel 56 a.C. fu la volta di Recanati. Nell’aprile dell’anno 801 d.C. un fortissimo terremoto con epicentro fra Spoleto e Perugia causò gravissimi danni: in quei giorni nella città umbra si trovava l’imperatore Carlo Magno. Fra il 30 aprile e il primo maggio 1279 un sisma con epicentro fra Camerino e Nocera Umbra causò danni gravissimi alle strutture e centinaia di vittime, colpendo in particolare Cagli, Fabriano, Gualdo Tadino, Nocera Umbra, Spello e San Severino. Nel dicembre del 1328 fu colpita Norcia e tutta la Valnerina con danni anche nelle Marche, nel settembre 1349 “incominciarono molti gran terremoti in Perugia e andarono a terra molti torri e case e fecero assai gran danno, e spavento non solo in Perugia ma per tutta la Marca, il Borgo [Borgo San Sepolcro], Assisi, Spello e all’Aquila” (Archivio storico di S. Pietro, Perugia). Nel 1456 un sisma del nono grado colpì l’Alta Valle del Tevere con effetti fino a Gubbio; Gubbio fu ancora l’epicentro di un grave terremoto il 15 maggio 1465 – durante i preparativi per la festa di Sant’ Ubaldo -, di nuovo nell’ottobre e nel dicembre 1466 e nel marzo 1471. Nel gennaio 1703 iniziò un terremoto che, fra alti e bassi, durò quasi un intero anno con epicentro Cascia e Norcia, ma con effetti devastanti per tutta l’Italia centrale, comprese le Marche, e che provocò la perdita di migliaia di vite umane. Nel 1741 un terremoto, con epicentro fra Pierosara e Serra S. Quirico, danneggiò gravemente Fabriano, Pergola, Serra S. Quirico, e perfino i torrioni del Palazzo Ducale di Urbino. Nel 1747 un sisma con epicentro Nocera Umbra e Gualdo Tadino squassò un’area molto vasta dell’Appennino umbro-marchigiano, causando danni a Fossato di Vico, Fabriano, Sassoferrato e perfino Senigallia. Nel 1751 vengono di nuovo colpite le città di Gualdo Tadino, Nocera Umbra, Fabriano e Gubbio. Nel giugno del 1781 fu duramente danneggiata Cagli. Nel 1785 è di nuovo l’Appennino umbro-marchigiano ad essere teatro di un sisma, e nel 1786 è la volta di Gubbio. Nel 1781 Cagli è semidistrutta, crolla anche la cattedrale e si contano 120 morti. Nel 1873 nuovi danni a Fabriano e Gualdo Tadino. Nel 1930 l’epicentro del terremoto fu individuato fra le province di Pesaro e Ancona. Nel 1984 un terremoto che colpì una vasta zona dell’Umbria fece notevoli danni a Gubbio, in particolare all’antico Teatro romano e al Palazzo dei Consoli, e a Gualdo Tadino dove fu gravemente danneggiata la Rocca Flea. Nel 1997 Umbria e Marche furono crudelmente colpite da un sisma che arrivò al nono grado della scala Mercalli e che provocò lesioni di inaudita gravità agli edifici – fra gli altri la Basilica superiore di Assisi in cui morirono alcune persone, seppellite dal crollo di una vela della volta mentre si constatavano i danni -, un sisma che, fra momenti di pausa e riprese dell’attività sismica, durò circa un anno. Il terremoto del 1997 complessivamente riporta un bilancio di 11 morti, 100 feriti, 32.000 senzatetto e 80.000 edifici danneggiati. Anche Sassoferrato ha subito gravi danneggiamenti in seguito a quel sisma, ma per fortuna senza aver dovuto piangere alcuna vittima. Ora il nuovo terremoto di questa notte, che ha provocato tanto spavento ma nessun grave danno a persone o cose a Sassoferrato, ha invece causato purtroppo vittime e crolli di edifici nelle zone più prossime all’epicentro, e non è facile sentirsi sereni sapendo che negli ultimi 3.500 anni il nostro Paese è stato colpito da circa 30.000 terremoti, fortunatamente molti di lieve o lievissima entità, ma si spera che, analogamente al progresso che avanza a passi da gigante in altri settori, anche in quelli della previsione e della prevenzione dei terremoti ci sia una costante evoluzione e un maggiore interesse. Del resto, pare che addirittura a cavallo fra il VII e il VI secolo a.C. ci fosse qualcuno in grado di prevedere i terremoti, come riferisce Cicerone (De divinatione, 1.50.112): “i Lacedemoni furono avvertiti da Anassimandro, lo studioso della natura, a lasciare la città e le case, vegliando in armi sui campi, perché era imminente un terremoto, dopo il quale la città rimase del tutto distrutta e venne giù dal monte Taigeto una massa rocciosa della grandezza della poppa di una nave”. Vogliamo essere da meno? 

Tiziana Gubbiotti@civetta.tv

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