“Storie di terra” in mostra al Castello di Sassoferrato
|Sassoferrato – Arduo parlare dell’ars photographica di Mario Giacomelli perché è già stato detto tutto, o quasi. Eppure, di fronte ai lavori esposti a Sassoferrato, nella piccola chiesa di San Giuseppe al Castello, le parole fluiscono, generate dall’emozione suscitata dalle immagini.
In Giacomelli l’astrazione è intesa come modo per avvicinarsi alla realtà: un ossimoro, eppure è questo ideale che l’artista sembra aver perseguito e che l’occhio dello spettatore percepisce nelle sue foto. Un ossimoro motivato dal fatto che “nessuna immagine può essere la realtà, perché la realtà ti capita una volta sola davanti agli occhi”, la realtà è un continuo divenire che rimanda all’eracliteo concetto di πάντα ῥεῖ, la realtà è mutante, trasformistica, mai uguale a se stessa. Intorno all’immagine catturata dall’obiettivo del fotografo il tempo continua a scorrere modificando, destrutturando, riorganizzando ogni elemento. Ma l’attimo congelato dalla macchina rimane inalterato, testimone di ciò che è stato e che non sarà mai più in quel particolare modo, forse migliore o forse no, certamente non uguale. Si potrebbe quasi affermare che l’azione del fotografo si traduca nella percezione iconica di un’assenza, l’espressione di qualcosa che ha lasciato segni tangibili del suo passato, una non-realtà su cui è possibile intervenire per riscriverne la narrazione e resuscitarne la memoria, rappresentando prospetticamente una difficile ma non impossibile palingenesi.
La mostra “Storie di terra” rappresenta plasticamente questa interpretazione lirica e insieme drammatica, scandita dai forti contrasti in bianco e nero, del paesaggio marchigiano, che la presenza e l’attività dell’uomo hanno inevitabilmente alterato ma che l’opera del fotografo ha tenuto in vita, armonizzando passato e presente e suggerendo un possibile futuro, in un racconto circolare che nega la linearità del tempo.
Tiziana Gubbiotti@civetta.tv
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