“Incontri e Appropriazioni”, Palazzo Pretura #Sassoferrato, 27 aprile, 17.30
|Sassoferrato – Sei coppie di artisti espongono opere sorprendenti, generate da un progetto curatoriale che mette al centro l’incontro di poetiche e modalità espressive nell’osservanza di un processo realizzativo predefinito. La mostra ospitata dal Palazzo Pretura di Sassoferrato si chiama “Incontri e appropriazioni” è curata dal critico d’arte Giuseppe Salerno e sarà inaugurata sabato 27 aprile alle 17,30 e gli artisti sono Rossella Baldecchi / Domenico Asmone, Toni Bellucci / Omero Angerame, Massimo Bardelli / Bruno Cristallini, Angelisa Bertoloni / Lauretta Barcaroli, Arnhild Kart / Rita Albertini, Lughia / Caterina Prato.
Mostra che spiega Giuseppe Salerno partento dalla genesi del progetto:
Quando nel settembre 2009 presentai per la prima volta “Sopraffactions”, si avviò un percorso incentrato sulla relazione tra artisti che negli anni ne vide coinvolti molti in varie regioni italiane.
Fu la galleria Monty & Company di Roma ad ospitare per prima le opere di Luigi Ballarin, Gerardo Di Salvatore e Lughia che realizzarono ciascuno quattro tele nel formato 100×100, se le scambiarono e intervennero liberamente su di esse sino a renderle opere proprie.
Non lavori a quattro mani ma elaborati attinenti esclusivamente all’artista che, secondo, perpetrò su di essi vere e proprie sopraffazioni.
Il progetto rendeva con l’arte una metafora del quotidiano dove nulla si crea, tutto si trasforma e dove ogni intervento umano è un agire sul preesistente. Così persino la sacralità di un’arte intoccabile, cui da sempre l’uomo ha affidato la propria aspirazione all’immortalità, fu violata da artisti che cedettero ad altri artisti le proprie opere con la coscienza che non sarebbero state più proprie e non sarebbero state più le stesse.
Un agire con sofferenza, ma terapeutico, per i diciotto artisti che intervennero sull’opera altrui mentre accondiscendevano a che altri intervenissero sulla propria. Un processo che nel superamento di antichi luoghi comuni volle essere un contributo alla crescita di una coscienza diversa.
Altre “Sopraffactions” seguirono a Fabriano, Cosenza, Salerno, Viterbo e Matera dove il progetto giunse a conclusione nel 2012 con l’esposizione di 72 opere di 18 artisti.
L’esperienza di quegli anni ebbe un seguito nel giugno 2017 con “Dissolvenze Incrociate”, avventura che prende le mosse da Villa Graziani di San Giustino per essere riproposta nel Complesso San Benedetto di Fabriano e poi a Palazzo di Primavera a Terni.
Ventuno sono gli artisti invitati ai quali viene chiesto di scegliere un proprio partner.
Mutuando dal cinema il meccanismo che vuole un’immagine dissolversi lentamente mentre una nuova ne compare, alle ventuno coppie di artisti è stato chiesto di produrre un tale effetto attraverso la realizzazione di quattro tele la cui sequenza potesse rendere il passaggio dalla poetica e dalle modalità di un artista a quelle dell’altro.
Ancora una volta un incontro tra mondi diversi che nelle due tavole centrali trovano un momento di sovrapposizione e di fusione.
Con regole e processi prefissati in quarantadue hanno accettato di uscire dall’isolamento e di muoversi all’interno di costrizioni nel mentre che si faceva strada e cresceva il piacere dell’interazione e del confronto.
Quello praticato è un percorso che, incentrato sulla relazione tra artisti, avvicina sempre più l’arte alla vita. Se è vero che gli artisti hanno fatto della propria individualità una bandiera, è altrettanto vero che, con maggiori o minori fortune, hanno spesso cercato nel rapporto privato a due confronto e arricchimento. In questa nostra esperienza d’arte, così come nella vita, le coppie talvolta si consolidano, tal altra hanno durata breve ed ogni sorta di compatibilità è possibile, tanto tra simili che tra opposti.
“Incontri e appropriazioni” è il progetto nel quale sono oggi impegnate sei coppie che, nel dare seguito a Dissolvenze Incrociate, recuperano le concettualità e l’esperienza di Sopraffactions offrendoci risultati complessi, talvolta di non immediata lettura, che sono la migliore rappresentazione della relazione di coppia in tutta la sua articolazione.
Alla dissolvenza originaria ciascuna coppia ne affianca una seconda e dà inoltre vita a dieci opere (cinque per ciascun artista), divenute poi oggetto di scambio e di successivi interventi sopraffattivi.
Consolidata la relazione ed affinate le sintonie ciascuna coppia di artisti ha interagito al proprio interno in modo progettuale affrontando, non senza talvolta trasgredire (come è proprio dell’arte) le regole assegnate, una tematica condivisa con un fare rivelatosi intriso di complicità e fortemente rispettoso delle libertà individuali.
Una preziosa, esaltante dimostrazione di civile convivenza all’insegna della libertà di pensiero e di espressione.
Giuseppe Salerno
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