Sentinum
|Sentinum è a tutt’oggi uno dei centri antichi meno studiati delle Marche, nonostante sia nota la sua importanza, sia dai dati storici che dai ritrovamenti archeologici. L’area della città antica, cui è stato conferito lo statuto di Parco Archeologico, coincide con il pianoro circondato dal fiume Sentinum e dal torrente Marena ed è posta a sud del moderno centro di Sassoferrato. Le zone visitabili sono due e permettono di vedere due diverse parti della città: una si trova subito fuori la porta sud delle antiche mura urbane, che si apriva in direzione di Fabriano, con le grandi Terme extra – urbane, vicino alla chiesetta di Santa Lucia, dove tra breve verrà allestito un punto di accoglienza per i visitatori; l’altra è un isolato posto quasi al centro dell’abitato antico con due tratti di strade basolate che circondano le Terme urbane e su cui si affacciano altri edifici, tra i quali i resti di un’officina di bronzista con fonderia. Le due aree archeologiche sono ora raccordate da un comodo percorso attrezzato e un passaggio pedonale permette di attraversare la strada provinciale.
I reperti rinvenuti a Sentinum e nel territorio, a partire dall’epoca preistorica sino al XVI secolo, sono conservati e in gran parte esposti nel Museo Civico Archeologico di Sassoferrato, uno dei quattro musei cittadini, che è stato riallestito integralmente nel 2005. Nel Museo, all’interno della sala dedicata alla ‘battaglia delle Nazioni’ è consultabile un multimediale che spiega la storia e l’archeologia di Sentinum.
Nel 2006 si è tenuto a Sassoferrato un Convegno Internazionale di Studi sui temi sentinati. Gli atti del Convegno e i primi risultati dei nuovi scavi, condotti a partire dal 2002, sono editi in:
M. Medri (a cura di), Sentinum 295 a.C. Sassoferrato 2006, 2300 anni dopo la battaglia. Una città romana tra storia e archeologia, Roma 2008
M. Medri (a cura di), Sentinum. Ricerche in corso I, Roma 2008.1. Sentinum e le battaglieLe vicende storiche riferibili a Sentinum si incentrano su due eventi bellici: la cosiddetta ‘battaglia delle Nazioni’ del 295 a.C. di cui parlano numerosi storici antichi, tra i quali Polibio e Livio che ci forniscono i racconti più dettagliati; la distruzione di Sentinum, avvenuta nel 41 a.C., durante le alterne vicende del bellum Perusinum, descritte da altri due storici, Cassio Dione e Appiano. Appare ancora oggi molto incerto, invece, che possa essersi svolta nei pressi di Sentinum anche un’altra battaglia molto successiva, quella detta dei “Busta Gallorum” nel 552 d.C., combattuta tra le truppe di Totila e Narsete e descritta da Procopio.
Tra tutte queste vicende, il nome di Sentinum resta ancora oggi indissolubilmente legato alla battaglia del 295 a.C., episodio culminante e risolutivo della terza guerra sannitica. In questa occasione Roma non vinse un solo popolo ma una grande coalizione, formata di Galli, Sanniti, Etruschi e Umbri, conquistando la supremazia sull’Italia centro orientale dopo aver piegato le città dell’Etruria e aprendosi così la possibilità di uno sbocco sulla costa adriatica. La critica moderna è concorde nell’attribuire a questa vittoria una importanza centrale, ma non tutti i dettagli sono chiari. Il testo di Polibio e quello di Livio, infatti, non coincidono perfettamente: il primo è molto succinto e racconta solo l’essenziale, mentre il secondo è ricchissimo di dettagli, talvolta difficili da interpretare (fig. 1).
Il bellum Perusinum, cioè la cosiddetta ‘guerra di Perugia’, è uno dei numerosi episodi della guerra civile che si scatenò dopo la morte di Giulio Cesare e vide rivali il giovane Ottaviano, che diverrà il primo imperatore con il nome di Augusto, e Lucio Antonio, fratello di Marco Antonio. Sentinum è coinvolta in una vicenda del tutto secondaria, ma è proprio la città a esserne protagonista. Sappiamo, infatti, da Appiano e con maggiori dettagli da Cassio Dione, che durante le ostilità Ottaviano assediò la città perché aveva dato asilo a uno dei partigiani di Lucio ma poi desistette; poco dopo, fu Quinto Salvidieno Rufo, generale di Ottaviano, che la prese e la distrusse. Ne possiamo dedurre che nel 41 a.C. Sentinumera una città munita di una robusta cinta di mura, per altro ancora oggi visibili a tratti lungo i margini del pianoro su cui sorge.2. Dalla scoperta agli scaviLa zona situata a sud ovest di Sassoferrato, dove si trovano i resti della città romana, è nota a partire dal 1333 con il toponimo ‘Civita Roselle’, ricorrente nei luoghi caratterizzati dalla presenza di rovine. Ciò testimonia che fin dal medioevo vi era stato riconosciuto un insediamento antico scomparso. Il che è piuttosto scontato, dal momento che gli edifici della città antica erano probabilmente già da tempo usati come cave di materiale da costruzione. Gli esempi di riuso dei materiali antichi ancora oggi visibili e più eclatanti sono costituiti dalla chiesa di Santa Lucia di Civita, situata all’ingresso sud della città antica, presso le Terme extra-urbane, e dall’abbazia di Santa Croce, che si trova qualche chilometro più a nord, sulla strada che attualmente conduce a Genga e Arcevia. In entrambi questi edifici è facile riconoscere gli elementi di riuso (fig. 2),
fortemente connotati dalla loro funzione originaria, ma molte altre pietre più anonime devono aver contribuito in modo sostanziale alla edificazione delle case nei quartieri del Borgo e del Castello di Sassoferrato, nonché dei casolari sparsi nel più prossimo contado e nel territorio, probabilmente fino a Fabriano.
Sullo scorcio del primo Rinascimento, Ciriaco d’Ancona (1391-1452) e Biondo Flavio (1392-1463), l’uno sulle tracce dell’altro, descrissero le antichità di Sentinum. Fu comunque Ciriaco a trascrivere per primo alcune epigrafi, quelle reimpiegate nell’abbazia di Santa Croce. Non si sa, invece, se fu lui il primo a identificare il sito con la Sentinum nota dalle fonti testuali, ma è certo che aveva i mezzi per farlo poiché almeno una delle iscrizioni da lui viste menziona il nome della città (fig. 3).
All’incirca coeve dovrebbero essere le prime ipotesi sullo svolgimento della battaglia del 295 a.C. nel territorio di Sassoferrato, che si trovano, in epoca molto successiva, puntualmente riportate nel manoscritto anonimo “Storie di Sentino, Rosella e Sassoferrato” del 1753, tutt’ora inedito, che è conservato presso la Biblioteca Comunale di Sassoferrato.
Dopo che gli eruditi del Rinascimento ebbero tratto dal silenzio le rovine di Sentino, sino allora sfruttate solo per necessità, iniziò la stagione degli scavi di rapina, con la conseguente perdita di numerosi reperti di pregio, quali mosaici e sculture. L’episodio meglio documentato tra questi è relativo al cosiddetto ‘mosaico dell’Aión’, oggi conservato presso la Glittoteca di Monaco (fig. 4).
Alla fine dell’Ottocento, nell’epoca d’oro delle ferrovie italiane, venne costruito il tratto Fabriano – Urbino. L’itinerario allora prescelto è in parte coincidente con tracciati viari assai antichi, antecedenti anche all’epoca romana, e non a caso attraversa il sito di Sentino. Il fatto singolare è che i genieri della ferrovia dovettero scegliere lo stesso tipo di traguardo usato dai gromatici romani, dal momento che i binari furono messi in opera con allineamento quasi perfettamente parallelo al cardine massimo della città antica, via che all’epoca non era visibile. Per mantenere la quota utile alla pendenza, fu necessario fare uno scasso largo 12 metri e profondo circa 5-6 metri o più, per una lunghezza complessiva di oltre 300 metri. La città ne risultò come tagliata in due, dal piano di campagna sino agli strati geologici in cui sono fondate le strutture. L’ingegnere che documentò i rinvenimenti archeologici era Raniero Mengarelli (fig. 5),
e documentò alcuni saggi di scavo che aveva fatto condurre nella zona meridionale della città. Sull’insieme dei rinvenimenti scrisse, infine, una breve memoria con la descrizione dei principali resti murari rinvenuti, dei quali dava anche una sua prima interpretazione. Benché scarna, la documentazione lasciataci da Mengarelli è eseguita con gli stessi criteri di correttezza e di metodo che caratterizzano la produzione di altri architetti e ingegneri dell’Ottocento più celebri di lui. Indubbiamente, è per merito di Mengarelli che gli studi su Sentinum entrano nell’epoca moderna, anche se dopo di lui continuarono i rinvenimenti occasionali, le spoliazioni e i lavori agricoli che hanno lentamente ma inesorabilmente compromesso la parte più superficiale del sito.
Dagli anni Cinquanta del secolo scorso sono iniziate le indagini sistematiche di scavo dirette dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, all’interno della città antica e nella zona extraurbana di S. Lucia. Negli anni 1954-1960 gli scavi vennero condotti da Laura Fabbrini. In seguito, fu Luisa Brecciaroli Taborelli a sviluppare un programma di ricerca, volto a chiarire l’assetto del sito archeologico e a sistemare le collezioni museali sassoferratesi: a lei si deve, infatti, la prima guida degli scavi e del Museo, pubblicata nella serie del Poligrafico. Da allora, oltre ad apporre il vincolo su tutta l’estensione della città antica, la Soprintendenza ha continuato ad adoperarsi anche per la valorizzazione del sito, rendendo fruibile al pubblico una parte dell’area indagata entro il circuito murario, a partire dal 1954. Nel 2000 si sono concluse le indagini nella zona extra-urbana di Santa Lucia e anche quest’area è stata aperta al pubblico. Dall’anno 2002 sono in corso i nuovi scavi, sponsorizzati dal Comune di Sassoferrato e diretti dallo staff delle Università di Roma Tre e di Urbino, in regime di concessione a partire dall’anno 2007.
3. Quanto sappiamo oggi
La città romana di Sentinum sorge su di un terrazzo fluviale con sommità pianeggiante a quota media di 315 m s.l.m. e ha un’estensione di circa 15 ettari. Il terrazzo è delimitato a ovest dal fiume Sentino e a est dal torrente Marena (figg. 7 e 8).
Il Sentino è affluente di sinistra dell’Esino, fiume che demarca a nord il confine storico del territorio insediato dai Piceni. Il luogo era di importanza strategica notevole, in quanto costituiva uno snodo per i percorsi di attraversamento dell’Appennino, sia da nord a sud che da est a ovest (fig. 9).
In direzione nord sud, la direttrice Sentinum – Camerinum, lungo la sinclinale più orientale dell’Appennino, fu la prima via che permise di raggiungere l’Adriatico da Roma. Probabilmente questo percorso ricalcava antiche vie di transito transumante o vie pre – protostoriche, documentabili anche in base ai rinvenimenti archeologici di Arcevia, Montefortino, Civitalba e di Sassoferrato stessa. Questa direttrice si collegava a un altro tracciato, documentato più a sud da rinvenimenti di stipi votive. Si tratta del percorso interno, spostato più a est rispetto a quello che verrà poi scelto per la via Flaminia nel 220 a.C., che in direzione est ovest permetteva la comunicazione attraverso la valle del Misa, passando per Ostra, e attraverso la valle del Cesano, passando per Suasa Senonum, garantendo così una duplice possibilità di accesso alla costa, in corrispondenza di Sena Gallica e della statio di Ad Pirum Flumeni. Tale percorso venne poi raccordato alla via Flaminia con un diverticolo che se ne distaccava all’altezza della statio di Ad Ensem e attraversava il Passo della Scheggia per raggiungere Sentinum.
Questa viabilità che si incentrava su Sentinum per il passaggio da est a ovest intercettava anche altre due direttrici di attraversamento nord sud, la via Salaria Gallica e la via costiera. Riassumendo, la posizione strategica di Sentinum governava i quattro valichi principali che consentono tutt’ora l’attraversamento della formazione appenninica del Catria, il Passo della Scheggia, il valico di Fossato, il Passo del Cornello e il valico di Colfiorito.
È indiscutibile che in epoca pre-romana il territorio sentinate corrispondesse a una zona di contatto tra popoli diversi: Umbri e Etruschi a ovest, Galli a nord e est, Piceni ancora a est e verso sud, la cui presenza è documentata dai ritrovamenti archeologici nei siti limitrofi, come gli insediamenti gallici di Civitalba e Montefortino d’Arcevia e quelli piceni di Fabriano e Matelica. Si tratta, quindi, di un territorio centrale, probabilmente interessato da una sovrapposizione di culture, fin da epoca remota destinato a svolgere un ruolo importante anche per i traffici commerciali dalla costa verso l’interno e viceversa. Non meraviglia, quindi, la scelta di questo luogo per un insediamento urbano di dimensioni medie, che si dimostra abbastanza prospero nel tempo. La Sentinum che noi conosciamo meglio, però, è la città di epoca imperiale, cioè di alcuni secoli più recente dell’epoca della battaglia.
Su questa fase della vita della città abbiamo numerose informazioni provenienti dalle iscrizioni, che costituiscono uno dei nuclei più cospicui della regione. In particolare, si hanno numerosi dati circa lo statuto della città romana. Dall’epoca augustea, fu municipio, ascritto alla tribù Lamonia e compreso nella VI regione, Umbria et ager Gallicus. Tra le magistrature attestate vi è quella dei quattuorviri e per questo motivo, secondo Paci, Sentinum sarebbe fuori dei confini dell’ager occupatorius, cioè dell’ager Gallicus espropriato ai Senoni dai Romani, dopo la battaglia del 295 a.C.. Oltre al nome della città, è attestato il gentilizio ‘Sentinas‘, per quattro diversi personaggi. Due iscrizioni sono tabulae patronatus del collegio dei fabbri e di quello dei centonarii, che ci offrono, come quella dei cultores Mithrae e quelle relative a munificenze private, uno stralcio sulla società sentinate e sulle sue gentes. I culti attestati epigraficamente sono quelli di Mitra, Serapide e Venere.
Se volessimo dare un volto alla città repubblicana, quella assediata durante la cosiddetta ‘guerra di Perugia’, avremmo pochi elementi, perlopiù provenienti dalle stratigrafie indagate con lo scavo, cioè da quelle terre piene di reperti ceramici o di altra natura che conservano le tracce degli abitanti del luogo. Sappiamo, così, che il sito era frequentato almeno dalla metà del II secolo a.C., poiché a questa data risalgono le ceramiche più antiche tra quelle rinvenute, e che proprio nel centro della città, dove poi sorgeranno le Terme urbane, c’erano degli altri edifici, andati distrutti a causa di un incendio databile alla metà del I secolo a.C. e questa potrebbe essere una traccia tangibile della distruzione avvenuta proprio durante la guerra del 41 a.C.. Un dato nuovissimo è emerso dagli scavi del 2008, quando è stato ritrovato un capitello di ordine monumentale al di sotto del Tempio ad alae, di fronte al lato ovest della piazza forense. Questo capitello è databile alla fine del II secolo a.C. (vedi oltre) e con tutta probabilità apparteneva ad un grande tempio che venne distrutto e poi ricostruito nella forma che oggi vediamo. Ciò conferma in modo indiretto, ma incontrovertibile, che l’impianto urbano della città, con la suddivisione per assi viari ortogonali (vedi fig. 13), risale almeno alla fine del II secolo a.C..
Altri elementi utili alla cronologia di fondazione si possono trarre dai dati di contesto relativi alla viabilità, anche se questi sono in gran parte frutto della ricostruzione complessiva dell’assetto territoriale in più epoche differenti. Al riguardo, è interessante l’osservazione di Pier Luigi Dall’Aglio (Università di Bologna), che attualmente dirige gli scavi di Suasa (Castelleone di Suasa) e Ostra (Ostra Vetere). Egli nota, a proposito della posizione di Suasa che la città si trova alla destra del fiume Cesano, più facilmente raggiungibile dalla strada di collegamento con Sentinum, piuttosto che dalla più occidentale via Flaminia che oltretutto richiedeva l’attraversamento del fiume con un ponte. Se è vero che esisteva un collegamento viario, si potrebbe supporre che Sentinum esisteva prima o comunque contemporaneamente a Suasa. La città di Suasa e quella di Ostra nascono probabilmente nel 232 a. C., forse dapprima come praefecturae in appoggio a Sena Gallica e successivamente vivono con lo statuto di municipi dopo la guerra sociale, cioè dopo il 90 a.C.. Una vicenda analoga si potrebbe ipotizzare anche per Sentinum, ma resta comunque una ipotesi perché curiosamente la città non è inclusa negli elenchi di colonie e municipi che ci hanno tramandato gli autori antichi.
Ulteriore e interessante elemento per una discussione sulla cronologia dell’impianto urbano di Sentinum è costituito dai bronzi di Cartoceto di Pergola, ora conservati presso il Museo dei Bronzi Dorati di Pergola. L’insieme delle statue bronzee ha una provenienza certa che, tuttavia, non può corrispondere alla sua collocazione originaria: per le caratteristiche chiaramente celebrative, il gruppo doveva essere collocato in ambiente urbano e, presumibilmente, in un punto centrale, dove potesse essere visto dal maggior numero di persone, per esempio nella piazza principale, o foro; il gruppo fu poi spostato da questa sua originaria collocazione, per motivi che ci sfuggono. Il luogo di rinvenimento è poco lontano da Sentinum, ma neanche troppo distante da Suasa o Forum Flamini. Se si ipotizzasse la provenienza da Sentinum, come suggerisce Giuliano de Marinis (Soprintendente per i Beni Archeologici delle Marche), la recente proposta di retrodatazione dei bronzi di Cartoceto al 50 a.C., basata sulla identificazione dei personaggi che compongono il gruppo, andrebbe ad aggiungersi agli altri dati già indicati, a favore dell’esistenza di una città strutturata e fiorente in epoca repubblicana.
Fino all’inizio dei nuovi scavi nel 2002, si conosceva per grandi linee l’assetto generale della città romana. Il perimetro della cinta muraria, vista e rilevata da Mengarelli in più punti e oggi molto danneggiata, si conosceva con discreta approssimazione. L’andamento delle mura delineato nella planimetria (vedi fig. 8) è in parte ipotetico, ma non inverosimile dal momento che segue il margine del terrazzo fluviale occupato dalla città, inglobando a sud una piccola altura, residuo di un terrazzo più antico, appositamente resecata per consentire il passaggio delle mura stesse. Gli scavi sino a ora condotti hanno riportato in luce una porzione esigua dell’area compresa entro la cinta, pari al 7 % circa della superficie totale. Sono stati indagati quattro assi viari principali, due cardini (vie con direzione nord – sud) e due decumani (vie con direzione est – ovest), i quali delimitano un isolato di grandi proporzioni. Gli edifici pubblici sino a ora scavati appartengono tutti all’epoca imperiale. Si tratta di due complessi termali: le Terme urbane situate all’interno delle mura e le Terme extra – urbane, di dimensioni molto più ampie, all’ingresso sud della città. Le poche parti di abitazioni private, individuate in prevalenza nel settore nord orientale della città, come la cosiddetta “Insula del Pozzo”, sono state ricoperte per salvaguardarne la conservazione. Tra gli edifici destinati alle attività produttive è nota una fonderia, composta da più vani, mentre un’officina vetraria è documentata solo dalla presenza di reperti caratteristici, come gli scarti di lavorazione e i vetri con difetti di cottura. Alcuni saggi di scavo, vennero eseguiti anche nel settore nord occidentale della cinta muraria, riportando in luce una torre a pianta circolare e una camera di guardia a essa collegata. Resti delle necropoli vennero visti lungo il tracciato del cardine massimo in uscita dalla città, sia all’estremità sud che nella direzione opposta.
4. Nuovi dati dal Progetto Sentinum
Le prime indagini sono state condotte lungo la ferrovia Fabriano – Urbino (oggi terminante a Pergola) nel 2002 – 2003. La documentazione grafica redatta da Mengarelli è abbastanza precisa dal punto di vista delle misurazioni e ha consentito di ricollocare i resti archeologici da lui individuati all’epoca sulla cartografia in formato digitale della Regione Marche (CTR), che fornisce la base di un GIS (Geographical Information System), in cui man mano confluiscono tutti i dati raccolti. È stato così possibile scegliere due ampi settori lungo le scarpate est e ovest della ferrovia, nei quali era segnalata la presenza di strutture notevoli. Lo scavo ha riportato in luce la stratificazione del centro urbano, al cui interno si individuano più bacini stratigrafici, cioè zone ristrette in cui si depositano gli strati di terra, costituiti dagli ambienti di edifici privati e pubblici, alcune strade e aree interessate da spoliazioni e riusi (figg. 10 e 11).
Nel contempo, è stata avviata una campagna di prospezioni magnetometriche, sistema non invasivo che consiste nel misurare le differenti intensità del campo magnetico per individuare oggetti e muri presenti nel sottosuolo. L’indagine è stata condotta su tutta l’estensione dei terreni liberi da costruzioni o vegetazione, all’interno del circuito murario. I risultati di questo tipo di prospezione sono stati molto buoni, anche perché l’interro al di sopra degli strati archeologici è di scarsa portata e le strutture sono costruite per la grande maggioranza in cementizio legato con ottima malta di calce, elementi questi tutti favorevoli al conseguimento di risultati attendibili (fig. 12).
Dal 2005 lo scavo è proseguito in parallelo su due aree, quella a est della ferrovia e un’altra a ovest, dove si trova l’incrocio tra le due strade principali della città antica, il Cardine Massimo e il Decumano Massimo. Questa strategia è stata adottata nella speranza di ‘ricucire’, per così dire, la lacuna causata dallo scasso fatto per alloggiare i binari e, quindi, poter ricostruire in un punto di notevole interesse la continuità dell’impianto urbano. Per contro, le prospezioni magnetometriche aggiunte ai risultati dei vecchi scavi già consentivano di avere una visione generale dell’impianto urbanistico della città antica (fig. 14).
Dopo queste indagini e gli scavi condotti a est e a ovest del tracciato ferroviario e dopo il Convegno tenutosi nel 2006 che ha portato al centro dell’attenzione le vicende storiche e l’archeologia di Sentinum, appaiono meglio definite le caratteristiche della città antica e si possono meglio intravedere le sue principali fasi di sviluppo.
I confronti possibili per le dimensioni dell’abitato compreso all’interno del circuito murario dimostrano che Sentinum era un centro di media importanza, comparabile a Pisaurum e Septempeda, di poco meno esteso rispetto a Fanum Fortunae. L’impianto urbano, tracciato secondo una maglia regolare per cardini e decumani orientati secondo i punti cardinali, appare suddiviso da viabilità minori parallele a questi. In base ai risultati delle prospezioni magnetometriche, sembra abbastanza certa la posizione della piazza forense, collocata quasi esattamente nel centro della città e delimitata a ovest e a sud dal Cardine Massimo e dal Decumano Massimo. La rilevanza di questi due tracciati viari emerge in particolar modo dagli edifici presenti all’incrocio delle due strade, dove si è concentrata l’attività di scavo a partire dal 2005. Anche se i dati non sono ancora completi e se le interpretazioni per ora date possono avere un margine di incertezza, è chiaro che attorno a questo incrocio si disponevano alcuni degli elementi più altamente rappresentativi del concetto stesso di città, per come questo era andato maturando nei primi secoli dell’impero.
Sino a ora sono stati indagati tre dei quattro quadranti adiacenti all’incrocio. A sud est, si trova l’Edificio circolare (fig. 15),
costituito da due muri concentrici, probabilmente corrispondenti a un portico e a uno spazio centrale, forse una vasca rotonda. Dentro e in prossimità di questo edificio sono stati rinvenuti vari pezzi di una tubatura, fistula, in piombo, il che associa la struttura alla presenza di acqua. L’interpretazione funzionale di questo edificio non è scontata, considerando la posizione scenografica e di grande rilievo nello schema viario urbano, la vicinanza con il foro, la piazza principale della città, e le dimensioni piuttosto notevoli (12 m di diametro circa). Potrebbe trattarsi di una grande fontana monumentale, o tholos, come quelle che spesso si trovano al centro delle piazze dei mercati, solo che nel caso di Sentinum, la fontana sembrerebbe invece isolata e non unita ad altri edifici.
Il quadrante a sud ovest dell’incrocio tra Cardine Massimo e Decumano Massimo è occupato da una piccola piazza basolata, posta a quota leggermente più alta rispetto al piano stradale del Cardine. In essa si trovano due basi rettangolari isolate, di cui resta il nucleo in muratura cementizia. Potrebbe, perciò, trattarsi di un compitum, cioè di una piazzetta corrispondente a un incrocio importante, in cui spesso si facevano erigere statue in onore di cittadini illustri o degli stessi imperatori. Il lato occidentale della piazzetta era forse occupato da un porticato.
Il quadrante a nord ovest dell’incrocio è parte di un area sacra, costituita da due edifici templari, il Tempio tetrastilo e il Tempio ad alae, ciascuno dei quali è inserito nel suo recinto sacro, o themenos. Purtroppo, la ferrovia Fabriano – Pergola ha distrutto tutta la parte posteriore dei due templi, le cui fondazioni sono visibili lungo la scarpata est, all’incirca di fronte all’Edificio a portico. Si è, perciò, ipotizzato che l’insieme fosse in origine unico e che l’Edificio, disposto come lato di fondo, delimitasse l’area sacra a ovest e che fosse collegato a uno o a entrambi gli edifici di culto, tramite percorsi interni. Il tempio più piccolo, ricostruibile come prostilo tetrastilo, cioè con quattro colonne solo sulla fronte, è databile in epoca augustea, in base ai confronti per esempio con i templi di augustei di Asculum, e in base al ritrovamento di un frammento di cornice, databile appunto in età augustea (fig. 16).
Il Tempio ad alae, per il momento ancora di incerta datazione, sembrerebbe comunque anteriore al Tempio tetrastilo e addirittura preceduto da un altro tempio, probabilmente risalente alla fine del II secolo d.C., la cui esistenza ci è nota per il rinvenimento di un capitello databile appunto a quest’epoca (fig. 17).
Da questa sintetica rassegna, per altro forzatamente ancora lacunosa, si vanno definendo almeno i primi tre momenti focali per lo sviluppo della città romana di Sentinum. Il primo risalente all’epoca repubblicana è indiziato in prevalenza dai reperti e meno documentato per quanto concerne l’aspetto monumentale, a eccezione delle mura e del tempio, antecedente il Tempio ad alae. Tutto, anche gli oggetti d’arte come la statua equestre della Collezione Weiller, o il cammeo firmato Tryphon conservato presso il Museum of Fine Arts di Boston, oggetti la cui provenienza da Sentinum è stata confermata rispettivamente da Anna Santucci e Maria Elisa Micheli (Università di Urbino), contribuiscono a formare l’idea di una città che doveva avere una posizione importante in particolar modo nel panorama della tarda repubblica. Le due fasi successive, di età augustea e della fine del I d. C. – inzio del II secolo d. C., emergono abbastanza chiaramente dalla presenza di importanti edifici pubblici, come il Tempio Tetrastilo e le Terme extra – urbane. Di queste due fasi di crescita si potrebbe trovare un riscontro anche nello sviluppo delle necropoli, che seppure perse come edifici funerari rimangono in ogni caso attestate dalle molte iscrizioni e dai cippi conservati presso il Museo Civico Archeologico di Sassoferrato, distribuiti in due gruppi cronologici prevalenti, collocabili tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio dell’età imperiale e tra la fine del I e l’inizio del II secolo d. C..
Gli scavi presso l’Edificio a portico hanno mostrato anche uno stralcio dell’ultimissima fase di vita della città, quando probabilmente solo in pochi abitavano gli edifici semi crollati e ampie zone interne tra le case erano ridotte a campi da coltivare per l’autosussistenza: questo, infatti, ci raccontano i semi che si sono salvati dalla distruzione di quella che forse era una piccola dispensa, contenente le scorte alimentari di un abitante di Sentinum nel V secolo d.C. (fig. 18). In seguito, dal medioevo alla fine dell’Ottocento, molti eventi, dettati dalla necessità di sopravvivenza o causati dalla leggerezza degli uomini, hanno contribuito a depauperare in modo irreversibile la città romana di Sentinum: oggi il nostro comune impegno è risarcire almeno in parte la perdita attraverso la conoscenza.
Maura Medri
Università di Roma Tre
Per leggere le fonti antiche su Sentinum
Polibio, storico greco vissuto tra la fine del III secolo a.C. e la prima metà del II secolo a.C., scrisse le ‘Storie’ in lingua greca che constavano di 40 libri (di cui ci sono pervenuti interi solo i primi cinque, mentre gli altri sono framentari o riassunti), dove si narra la storia del Mediterraneo e, in particolare di Roma, dal IV secolo a.C. al 146 a.C.
Passo riguardante la ‘battaglia delle Nazioni’: Polib. 2, 19, 6 ss.
Tito Livio, storico romano vissuto tra la metà del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. è autore di una ‘Storia di Roma’ in 142 libri (non tutti conservati) che va dalla fondazione fino all’epoca augustea.
Passi riguardanti le vicende che culminarono nella ‘battaglia delle Nazioni’: Liv. X, 25-30.
Cassio Dione, senatore romano e storico, vissuto tra il II e il III secolo d.C., scrisse una ‘Storia romana’ in lingua greca che constava di 80 libri (molti dei quali pervenuti frammentari) che va dalla fondazione di Roma alla prima metà del II secolo d.C.
Passi riguardanti il ‘bellum Perusinum’: Cass. Dio 48, 13, 2-6.
Appiano, storico greco vissuto durante il II secolo d.C., scrisse una ‘Storia di Roma’ in ligua greca che constava di 24 libri (di cui solo 10 ci sono giunti integri) che va dalla fondazione alla morte dell’imperatore Traiano (117 d.C.).
Passo riguardante l’assedio di Sentinum prima della presa di Perugia: App. Bell. Civ. 5, 30.
Procopio, storico di epoca bizantina vissuto durante il VI secolo d.C., scrisse tra l’altro una ‘Storia delle guerre di Giustiniano’ in 8 libri, di cui 4 noti con il nome ‘de bello gothico’ trattano le vicende della guerra contro gli Ostrogoti che si svolse in Italia e nei Balcani dal 535 al 553.
Passi riguardanti la battaglia detta dei “Busta Gallorum“: Procop., B. G., IV, 29, 4-5.
Descrizione ottima ed esauriente, complimenti.